LES GRANDS TRANS PARENTS MAN RAY SIMON-CASSINA
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LES GRANDS TRANS PARENTS SPECCHIO SIMON CASSINA
Specchio ellittico progettato da Man Ray
Les Grands Trans Parents prodotto da Cassina è uno specchio ellittico serigrafato con supporto in poliuretano rigido. Produzione in serie dell’opera originale di Man Ray del 1938: un gioco di parole scritto su uno specchio più grande.
Trans Parents: progetto e caratteristiche
Les Grands Trans Parents è un prodotto Cassina che fa parte della collezione Simon. Cassina è un’azienda che apre le sue porte nel 1927 e che inaugura l’industrial design in Italia grazie all’intuizione dei fratelli Cesare e Umberto, secondo una logica di produzione in serie, di prodotti unici e innovativi, fatti di peculiarità, arte, creatività e ricerca continua, con la stessa artigianalità di sempre.
Lo specchio con le scritte ideato da Man Ray è un’opera così moderna da risultare contemporanea all’occhio, nessuno potrebbe pensare che la sua creazione risalga alla fine degli anni ’30. Versatile, quasi minimalista ma ricco di carattere, questo specchio di design racchiude tutta la forza e l’impatto della parola, restituendola a chi guarda attraverso un oggetto di apparente uso comune e quotidiano.
La frase resta estremamente enigmatica, ed è proprio questa l’intenzione di Man Ray, perché la nostra immagine è riflessa, ma tanto ancora – il grands, “grande” e il transparent, “trasparente” – non è visibile. Il gioco di parole poi è evidente, grands parents significa “nonni”, ma qui grands e parents sono divisi dal prefisso trans, al fine di creare la parola “trasparente”. Man Ray non ha mai voluto spiegare il reale significato dell’opera.
In ogni caso, proprio da questa scritta dipinta su di un grande specchio nel 1938 deriva ciò che oggi conosciamo come Les Grands Trans Parents, un oggetto di design caratteristico e senza tempo.
Man Ray: dalla sua opera originale nasce lo specchio Trans Parents
Man Ray, all’anagrafe Emmanuel Radnitzky, nasce a Filadelfia nel 1890 da una famiglia di origine russo-ebraica, con la quale si trasferisce presto a New York. Nella Grande Mela completerà gli studi, rifiutando però una borsa di studio in architettura, così da dedicarsi interamente alla sua vocazione: l’arte. Nel primo decennio del 1900 inizia la sua carriera di grafico e disegnatore professionista, cominciando a firmare le sue opere con uno pseudonimo particolare, Man Ray, letteralmente “l’uomo raggio”.
La sua visione dell’arte è, sin da subito, poliedrica: pittore, scultore, disegnatore, fotografo. Nel 1915 conosce Marcel Duchamp, con lui fonderà un collettivo, la Society of Independent Artists. Incline alla rottura degli schemi, Ray rifiuta la tradizione e si avvicina al movimento Dadaista, per quanto non lo ritenga spiritualmente vicino agli US. All’inizio degli anni ’20 Duchamp ritorna in Francia e Ray lo segue. Questa scelta sarà fondamentale per la sua formazione e per il suo lavoro futuro: è proprio a Parigi si tiene la sua prima mostra, che ospita la celebre opera dadaista Cadeau – un ferro da stiro su cui sono fissati dei chiodi – simbologia dei processi mentali fuorvianti, controversi, decontestualizzati, a metà fra il reale e il surrealista.
Di pari passo con l’arte, la fotografia: qui incontra e ha l’opportunità di fotografare personaggi del calibro di Joyce e Gertrude Stein. Nella prima metà degli anni ’20 nasce il surrealismo: ne fa parte di diritto, con tecniche innovative come la solarizzazione e sovversive, come i ritratti di nudo. Con l’arrivo della Seconda Guerra Mondiale però il suo viaggio in Europa si interrompe, rientrato negli States si stabilisce a Los Angeles dove continua a produrre arte esemplare, dalle caratteristiche uniche.
Finita la guerra si stabilisce nuovamente a Parigi, dove rimane fino alla sua morte, avvenuta nel 1976. Dadaismo e surrealismo lo accompagnano, ma non lo definiscono. Nel tempo fa un uso spettacolare e fuori dal comune dell’aerografo ed è il primo ad utilizzare i rayogrammes – immagini che vengono ottenute da materiali fotosensibili senza l’ausilio di obiettivi, ma ponendo in contatto diretto il materiale con il liquido di emulsione – attraverso una scoperta del tutto casuale su un foglio di carta fotosensibile finito per caso nel bagno di sviluppo.
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